“L’anima è una sinfonia.”
Hildegarde von Bingen (Bermersheim vor der Höhe, 1098 – Bingen am Rhein, 17 settembre 1179)
Da Viola si prosegue oltre il paese in direzione della ex stazione sciistica di Saint Grée ma, dopo circa 1 km, si svolta a sinistra lungo una stretta stradina asfaltata (indicazione per “Rocca dei Corvi”). La stradina taglia a mezza costa una serie di avvallamenti boscosi fino alla minuscola cappella di Santa Caterina: da qui prosegue ancora a sinistra in discesa, ormai sterrata, supera un rio e raggiunge un grande spiazzo presso una zona disboscata, dove si può parcheggiare comodamente (950 m circa).
NOTE TECNICHE
DISLIVELLO: 200 m
DIFFICOLTA’: EE
TEMPO DI SALITA: circa 2 ore
PERIODO CONSIGLIATO: Primavera, autunno
CARATTERISTICHE: rocce vulcaniche piuttosto friabili
CARTINA (clicca sulla cartina per zoomare e scaricarla)
Dal parcheggio si segue il “Sentiero Natura” che, in ripida discesa (indicazioni per la Ferrata della Rocca dei Corvi) cala nel bel bosco di castagni.
Persa un po’ di quota si taglia una meno ripida mulattiera, poi si prosegue nella discesa fino a raggiungere una strada forestale che, con un paio di tornanti, raggiunge una sorta di balconata rocciosa, affacciata all’ impressionante monolito della Rocca dei Corvi.
Qui si incontra un bivio: trascurato il sentiero a destra, che con alcune svolte scende all’imbocco del “ponte tibetano” ed alla via ferrata più facile (consigliabile ai meno esperti), si prosegue a sinistra lungo la carrareccia del “Sentiero Natura”. Poco più sotto la carrareccia termina, e si prosegue su un’esile traccia che si fa largo nel rigoglioso sottobosco.
Un breve traverso conduce ad un primo tumultuoso rio, che si supera su una traballante passerella.
Continuando a scendere con ripide svolte, la traccia si porta sulle sponde del Torrente Mongia, qui molto pittoresco per la presenza di numerosi laghetti inframmezzati da coreografiche cascatelle.
Si supera il torrente con l’ausilio di un’altra passerella di legno alla base di un bel salto d’acqua e ci si porta così sulla destra idrografica del corso d’acqua.
Si risale quindi il rio lungo un sentierino nel bosco e, costeggiato un pittoresco laghetto, si giunge alla base di una bella cascata, dove iniziano le prime attrezzature (780 m circa, h 0,30 dal parcheggio).
Con l’ausilio della corda fissa e di alcuni pioli si rimonta la verticale e viscida paretina a sinistra (e a pochi metri) dalla cascata, quindi si prosegue sulle sponde di un altro pittoresco laghetto, sovrastato dall’ardito “ponte tibetano” della via ferrata. Si lascia a destra un’altra passerella (è quella della variante precedente) e si giunge così alla base di un pilastro roccioso strapiombante a picco sul torrente, dove inizia la via ferrata vera e propria.
Si comincia salendo lungo una scala di legno verticale per alcuni metri, quindi si traversa a destra in leggero strapiombo per circa 5 metri. Si prosegue verticalmente sul filo dello sperone, molto esposto, fino a raggiungerne la sommità, presso un terrazzino con vegetazione, posto proprio al di sotto del “ponte tibetano”.
Si prosegue a sinistra, in aerea traversata, prima per sentierino e poi lungo una placca esposta, fin sotto uno strapiombo. Si sale poi verticalmente alla sua sinistra fino ad un curioso castagno abbarbicato alla roccia: a destra una corda fissa attraverso una spaccatura consentirebbe di raggiungere la ferrata più facile presso il “ponte tibetano” (via di fuga).
Si prosegue invece a sinistra, in delicato traverso alla base della parete Ovest, fino ad uno spigolo, oltre il quale le difficoltà aumentano ancora: la parete si fa strapiombante e le attrezzature, ancorché ottime, obbligano ad un impegno fisico notevole.
Si continua comunque a traversare verso sinistra, tagliando un camino, quindi presso alcune rocce rossastre si sale verticalmente per alcuni metri, ritornando poi a destra per un’esile cornice fino all’interno del camino precedentemente incontrato, qui più ampio.
Si sale ancora verticalmente, con fatica, fino ad un terrazzino, dove ci si può finalmente riposare.
Ancora un breve traverso a destra e si giunge alla base di uno spigoletto strapiombante che, risalito grazie anche ai numerosi gradini, consente di toccare un aereo poggio sul margine della parete Sud, dove si incontra il tracciato della via ferrata più facile (h 0,40 dall’ attacco).
Si prosegue a questo punto lungo il tracciato comune, che prima traversa per rocce facili, poi risale una caratteristica placconata appoggiata con alcuni zig zag fino alla base della cuspide sommitale della Rocca dei Corvi, dove si evidenziano numerose linee di salita attrezzate a spit.
Abbandonato nuovamente il tracciato della via più facile, che traversa ancora a destra alla base della paretina finale, si va a sinistra e si risale un breve camino attrezzato con una fune metallica.
Raggiunto il colletto a monte del camino, si traversa sul lato Nord della Rocca, lungo una breve cornice e poi sfruttando alcune staffe, fino ad afferrare una scaletta che consente di scendere di una decina di metri, fino ad un comodo terrazzo nel pieno della parete Nord.
Si prosegue lungo una cengia erbosa ascendente, dapprima molto comoda, poi sempre più stretta ed esposta: alla fine si continua a traversare, esposti in piena parete, fino ad un aereo pulpito sulla cresta Est, dove si ritrova per breve tratto la ferrata più facile.
Lasciando quasi subito quest’ultimo tracciato, che sale per uno speroncino a sinistra, si prosegue a destra, lungo una curiosa cengia naturale che taglia tutta la sommità della parete Nord e che conduce, con un’ultima brevissima ascesa lungo la cresta Nord-Ovest, alla cima della Rocca dei Corvi (900 m circa, h 0,20 dal poggio al margine della parete Sud, h 1,00 dall’attacco), dove sorge una piccola statua della Madonna e dove si trova il libro di vetta. Belle vedute sui grandi boschi della Valle Mongia.
Per il ritorno si segue il tracciato della via ferrata più facile, che sfrutta la vecchia “via normale” alla rocca: superata dunque la statua della Madonna, si scende lungo le corde fisse, che seguono uno speroncino e quindi un breve caminetto fino all’aereo pulpito sulla cresta Est. Da qui si prosegue lungo la cresta, che presenta un salto di una decina di metri piuttosto ostico: si scende prima per un paio di metri proprio sul filo di cresta, poi si aggira lo spigoletto di sinistra (faccia a monte) e ci si cala lungo alcune aeree staffe (movimenti un po’ scomodi) fino all’ampio terrazzino alla base del salto. Proseguendo a destra si traversa per placchette sotto alla parete meridionale della cuspide fino alla base del caminetto percorso dalla via ferrata più difficile. Scendendo i zig zag lungo la placconata e traversando, si ritorna all’aereo poggio al margine della parete Sud, dove i due itinerari ferrati divergono nuovamente. Scendendo a sinistra per un facile canalino attrezzato si raggiunge il bosco, e con alcune svolte si giunge alle rocce su cui è ancorato il “ponte tibetano”.
Con breve traverso attrezzato si giunge all’attacco del ponte, che si supera facilmente fino al fronteggiante pendio boscoso, ormai al termine della Via Ferrata. Risalendo il pendio con alcune ripide svolte, si ritorna alla balconata rocciosa panoramica dove si incrocia il “Sentiero Natura”. Di qui, in breve, nuovamente al parcheggio (h 0,45 dalla vetta).